Esperto di Calcio

8 gennaio 2015

Storie di calcio: non è un paese per vecchi (o forse sì?)

L'ho detto una volta e non mi stancherò di ripeterlo, il male del nostro calcio non va ricercato sul campo o nei fondi di investimento. Ciò che ha reso il nostro movimento meno forte di un tempo è la programmazione sbagliata. Troppo spesso ci troviamo di fronte a grandi dirigenti, o presunti tali, che si lasciano sfuggire giovani di belle speranze o campioni in divenire. Ed il più delle volte lo fanno in favore di ragazzi che non hanno né il talento né il pedigree dei giovani italiani. Il risultato che scaturisce da questa scuola di pensiero è un campionato scialbo, ricco di stranieri sopravvalutati e zeppo di giovani promesse nostrane confinate in provincia, dove lottano con le unghie e con i denti pur di accaparrarsi una maglia da titolare nella massima serie.

Partiamo dagli estremi difensori, ruolo nel quale la scuola italiana è da sempre maestra. Tolti Buffon e Handanovic, oggettivamente un gradino sopra tutti, i migliori portieri del nostro torneo si stanno dimostrando Perin, Sorrentino, Sportiello e Consigli. E guarda caso giocano tutti e quattro in compagini di grande tradizione ma lontane dalle lotte Scudetto o Champions League. Eppure non vedo grossi talenti nelle piazze più famose del "bel paese".
A Napoli hanno preferito investire 5 milioni di euro per un mediocre portiere come Rafael (non me ne vogliano gli amici napoletani, avrà fatto anche vincere una Supercoppa ma fra i pali è da brividi) piuttosto che coltivare in casa un talento cristallino come Sepe, un anno più giovane del brasiliano e grande protagonista nell'Empoli di Sarri.
Il Milan, che cercava l'erede di Abbiati, ha acquistato dal Real Madrid lo spagnolo Diego Lopez. Il numero uno rossonero è un calciatore di sicuro affidamento, ma la sua carta d'identità (1981) non garantisce al Diavolo la certezza di un quinquennio ai massimi livelli. Certezza che sarebbe stata assicurata da Perin o Consigli, che al momento fanno miracoli a Genova e Sassuolo pur di guadagnarsi la chiamata di un grande club o della Nazionale. E lo stesso discorso vale per Sorrentino, estremo difensore di sicuro affidamento che non ha mai avuto l'occasione di giocare in un top team, a discapito invece di presunti fuoriclasse.

Per i giocatori di movimento il discorso è analogo, con l'aggravante di aver importato un numero massiccio di stranieri mediocri. Ben vengano campioncini come Dybala, Vazquez, Kovacic e Cuadrado, non sono certamente loro il problema. Il nocciolo della questione risiede nella miopia dei grandi dirigenti del nostro calcio, che non riescono a vedere le potenzialità dei nostri ragazzi cresciuti a pane e calcio nei vivai dello stivale. E ci troviamo di fronte ad inspiegabili fenomeni di mercato in cui i club più blasonati investono svariati milioni per avere gente come Vidic, Alex, Medel, Torres, Cole, Romulo e David Lopez. Giocatori onesti che fotografano perfettamente il motivo per cui la Serie A non ha più l'appeal di un tempo. E non è una mera questione economica, perchè questi giocatori prendono stipendi milionari pur non dando un reale contributo alla causa.
E allora dopo sei mesi di campionato ti guardi in giro e scopri che Zaza e Berardi sono due grandi giocatori, ma che la Juventus ha preferito lasciarli a Sassuolo in vista di un futuro (forse) riscatto. E intanto Allegri lotta con una squadra che ha difficoltà ad andare in rete e che più che di un Romulo o di un Morata avrebbe avuto bisogno dei suoi giovani talenti in provincia.
Oppure noti che in difesa, laddove sono stati acquistati Richards, Alex e Vidic o dove trovano spazio Campagnaro, Rami e Maggio, ci sono giovani italiani che valgono più di loro. Rugani, Tonelli, Romagnoli, Zappacosta, Darmian, Rossettini..ragazzi validi e mai presi in considerazione nelle manovre di mercato. Si potrà obiettare che Rugani è di proprietà della Juventus, ma nessuno è andato a chiedere il prezzo del suo cartellino, e forse un motivo ci sarà.
La ragione è la stessa che ha portato quasi per caso un grande centrocampista come Bonaventura alla corte del Milan. Acquistato l'ultimo giorno di mercato come ripiego dell'affare Biabiany, l'esterno di scuola Atalanta si è conquistato la maglia da titolare a suon di grandi prestazioni, mettendo in ombra più quotati compagni. Ma per un Bonaventura che ce la fa, ci sono tanti Baselli, Bertolacci e Verdi che non trovano lo spazio che meriterebbero.

Viviamo in un paese dove i giovani non trovano lavoro, dove esistono gli stage non retribuiti e le collaborazioni in nero. Almeno nello sport, tutto questo, non dovrebbe esistere. Il calcio, lo sport in generale, dev'essere lo specchio della meritocrazia. Gioca e si mette in evidenza chi merita, non chi ha il procuratore migliore o chi può essere l'investimento giusto per il futuro economico della società. Ben vengano i giovani fuoriclasse, di qualunque nazione siano, ma anche giocatori d'esperienza come Perotti e Borja Valero. Ciò che non tollero è vedere i nostri club fare aste folli per mediocri giocatori dal sontuoso pedigree, giusto per accontentare il tifoso medio e far bella figura con il consiglio di amministrazione. Non è questo il calcio che voglio. E come me i milioni di italiani che amano questo sport, fatto di velocità, classe, tecnica, estro ed inventiva. 
Rivoglio i tempi in cui la classifica marcatori era dominata da Signori, Baggio, Del Piero, Chiesa e Montella, con Ronaldo, Crespo e Batistuta a sfidarli. Questo è il calcio che voglio, quello fatto dai grandi talenti italiani ed i fuoriclasse stranieri. Prima i nostri dirigenti lo capiranno, prima il nostro calcio si risolleverà e tornerà ad essere leader in Europa e nel mondo.

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